Nel momento in cui una persona ha l’occasione di vedere un mentalista all’opera, può giudicarlo in molte maniere. Ciò dipende dalle sue personali preferenze ed attitudini per esempio, dal suo vissuto, dalle sue aspettative e dalle sue necessità, ma anche dalla personalità del mentalista, da come egli si pone, da quel che realizza e da come sceglie (o può) di comunicarlo.
Quando circa 20 anni fa, mi esibii nel mio primo evento aziendale di rilievo, con molta incoscienza e tanta inesperienza, mai avrei pensato di diventare una sorta di esperto di questo genere di appuntamenti e che sarebbero poi stati gli stessi clienti ad attivare il passaparola nell’ambiente.
Per mia fortuna ho vissuto contesti estremamente diversi e avendo l’occasione di fare tantissimi e fantasiosi errori nel corso degli anni, dando corpo ad imprecisioni e mancanze che, mi hanno segnato profondamente ma che hanno contribuito a costruire l’esperienza professionale che oggi posseggo.
Ci sono stati errori di organizzazione ed inesperienza come il dimenticare uno delle componenti dell’abito da indossare, ritrovandomi in camerino senza pantaloni o con le tasche della giacca nuova ancora da scucire, le macchie di cibo sulla camicia procurate 2 minuti prima dello show o il rendermi conto di avere un aspetto trasandato solo quando ero in procinto di arrivare dal cliente poi ci sono stati gli errori che si sono riverberati sugli spettacoli quando li ho preparati poco e male, avendo scarsa capacità di gestione del pubblico o degli imprevisti.
Se mi soffermo a pensare al mio mentalismo, mi impressiono pensando al repertorio di cui oggi dispongo, distillato dal materiale che ho dovuto selezionare, studiare, progettare, scegliere, scartare, testare e ritestare davanti a pubblici di entità numerica e culturale diversa, affrontando reazioni fredde, tiepide od entusiaste, avendo come riscontro sorrisi, risate, applausi di circostanza o di gradimento, lacrime di commozione o ostilità preconcetta. Nulla dovuto al caso, ma conseguenza delle mie azioni.
Gli avversari sono sempre la noia, la complessità, l’essere cervellotici, l’inutilità e la impermeabilità alle emozioni degli spettatori. Talvolta si risulta troppo veloci e superficiali, altre prolissi e verbosi. Uno degli errori più insidiosi ancora oggi, anche tra i colleghi è la tendenza ad essere didascalici quasi come si presentasse una conferenza scientifica invece di aprirsi, cuore e mente, al pubblico permettendogli di entrare in connessione attraverso il piano emotivo.
Dopo tanti sbagli ho scoperto una cosa, per il mio lavoro, molto utile: gli errori materiali possono sempre ripresentarsi: potrà capitare di rivelare una parola pensata non esattamente nel modo in cui è stata pensata, il numero trovato potrà non essere necessariamente preciso all’unità e potrei anche dimenticarmi di lucidare le scarpe che indosso in scena, ma se il rapporto con il pubblico rimarrà sincero allora tutti troveranno la giusta emozione che tanto si cerca, affinché si possa vivere quell’esperienza speciale che rimane impressa per molto molto tempo che si realizza con il vero mentalismo.